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VEDERE ROSSO? CHI LO HA DETTO CHE LA RABBIA NON CAMBIA COLORE nella fase 2


In questi giorni sto riflettendo su un incontro, dal titolo Scoprire il rosso, che feci a fine Febbraio a Roma in tempi covid19 ma non ancora da lockdown.

Ricordo chi, venendo presso la Galleria d’arte Aedes, si fece guidare da me in un percorso psicologico, fatto di musica, parole, disegni, colori appunto perché volto a stimolare i sensi che sono ciò di più vero che forse abbiamo in noi.

Il rosso era al centro delle diverse attività da me proposte e rimasi stupita dalla molteplicità del sentire tra chi aveva un approccio coraggioso, chi intimorito, chi incuriosito tramite le schede di lavoro svolto insieme.

Il rosso ne uscì in parte sconfitto e in parte vittorioso.

Chi lo associava al colore della violenza, del sangue, del sentimento della rabbia, dell’impulso aveva attivato canali interni di respingimento anche se si lasciava guidare da me come il capitano di una nave in tempesta, per cui alla fine aveva incluso tutto ciò come parte di sé e lo accettava sereno; chi, invece, aveva accostato il rosso, nella propria mente, al piacere, alla bocca, all’eros, al piacere aveva desiderio di esprimersi in disegni con molti più colori possibili, e desiderava, quasi in autonomia, una musica che lo accompagnasse come se fosse stato un cavallo che correva sulla spiaggia e con meno dolcezza delle note calme in sottofondo.

Quel sentire che ho sperimentato io, da docente formatore, oggi, lo riporto a me come un pensiero costruttivo di energia che va inclusa e riscoperta.

Non è raro essere dominati, in questi giorni, da sentimenti contrastanti:

è giusto uscire? sì ma in che modo? con le regole di restrizione? che stanchezza, che stress e quanta sofferenza potrebbe portare a me tale emozione di repressione ...che pur si reputa giusta o ingiusta secondo il proprio stato d’animo oltre che con razionalità e senso pratico.

E così mi sembra a volte, di cogliere questo mio sentire anche sui social network, come se la società celasse una domanda chiara dietro i mille post scritti, un quesito che si potrebbe creare unendo con i puntini i diversi commenti con il colore rosso.

Sarà il rosso dell’impulso che sfoga rabbia o il rosso dell’energia vitale che ricerca il piacere di affermarsi?

Andando a vedere meglio, allora mi interrogo su quanti, se potessero rispondermi sui social network, dalla viva voce, siano coloro che, accanto al colore rosso della rabbia, vorrebbero, forse, mettere il colore nero della tristezza o del timore e così via anche altri colori.

A me pare di vederne più di uno, direi alcuni almeno.

E allora, in questo gioco sull’uso dei colori da me immaginato, si scoprirebbe che può esistere qualcos’altro che ci domina le giornate e perché no richiede un sentire che va ben oltre il parlare e ha bisogno di essere osservato per essere colto in pieno.

Mi affaccio alla finestra, poi, e vedo la forza della primavera che sprigiona energia vitale, ogni rametto, ogni filo erba sembra che stia urlando “ io esisto, guardami!” .

Ed ecco che tutto si ricongiunge pure nella mia mente, una voglia di ribellarsi e un piacere di vivere, una forza che vorrebbe annullare tutto e una che vorrebbe crescere e affermarsi, esattamente come nella società, come nelle diverse fasce di età, nelle diverse fasi della vita.

Non mi sento così di condannare la movida nelle città dei giovani, movida che mette a repentaglio il senso di responsabilità sociale che bisogna portare avanti restando uniti, non frammentati.

Mi chiedo se forse non sia il caso di includere che una parte della società, forse, abbia necessità di far emergere il rosso con il piacere e non con la rabbia.

Mi chiedo, inoltre, se noi adulti siamo stati in grado di insegnare ai nostri figli, nipoti, bambini nelle scuole, che possano esistere più colori nel nostro sentire la rabbia e che forse in quel rosso esiste il nero e poi anche l’arancione che ci porta vitalità senza ferire gli altri.

Credo che sia una prova ancora più faticosa questa fase 2.

Darsi le regole è un atto di coraggio, osare lo è meno?

Usciamo allora e facciamolo con leggerezza, come una farfalla rossa.

Potremmo mai essere leggeri e volare mentre si cammina per strada?

Non lo so, ma ognuno può trovare il proprio modo di essere e sentirsi leggero, leggerezza dal latino è levis leggero, attraverso un'ipotetica forma.

Già, verrebbe da dire ... ma quale forma possiamo darci nella vita?

A volte si resta incastrati come in cubo e non sempre si hanno i colori su tutte le pareti della propria casa, vita, possibilità, opportunità ecc...

Tuttavia questa parola “leggerezza” potrebbe accompagnarci, in questo momento storico, accanto alla parola responsabilità, come una nostra regola del giorno ”Sono stato leggero responsabile oggi con me stesso?”

Il passo leggero ha un senso positivo, un sentirsi leggeri.

Relazionarsi con leggerezza invece potrebbe indicare distacco, superficialità.

Se stiamo da soli vivere con leggerezza è un volare, se entriamo nelle relazioni, invece, la leggerezza potrebbe provocare una ferita all'altro, non è detto ma può.

Un sottile confine tre noi e gli altri.

Tenere un passo leggero può voler dire essere aperti a più possibilità, più soluzioni, mantenere un dubbio sano che possiamo sbagliare senza sentirci colpevoli perché errare è umano per non solcare una via unica e giusta o è bianco o è nero.

Leggerezza e profondità di sentimenti responsabili possono andare insieme?

Certamente sì, credo, scoprendo un pizzico di rosso che è vitalità, energia, permettersi di essere leggeri pur restando profondi.

E quindi usciamo, facciamolo, per adesso non per sempre, con la mascherina, sapendo che la sana distanza fisica non è una distanza veramente sociale è fisica, scoprendo che tra i nostri cari il timore può andare a spasso con l’energia del movimento e può portarlo quasi per mano con un autentico sorriso che dica “ è primavera, è bello Esserci”.



Prof. Dott.ssa Flavia Margaritelli

Psicologa, Esperta in salute, in Tecniche gestione ansia e operatrice life skills, Counseling a seduta singola, Esperta in Psicologia del lavoro, Sociale e delle Organizzazioni

Esperienza pluriennale nella Salute sui luoghi di lavoro, Docente A.C. Università degli Studi Guglielmo Marconi, Facoltà Scienze dell'Educazione, Presidente Associazione Osservatorio Salute e Sicurezza


Questo articolo è riportato sul sito personale https://www.flaviamargaritelli.com ed anche sul sito https://www.osas.tv nell’ottica di far circolare semplicemente idee.


Se hai bisogno di aiuto chiedimi come attivare il servizio dello Psicologo da Casa tua con lo sportello on line


flavia.margaritelli@osservatoriosalutesicurezza.it

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