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LA RECIPROCITA’ CHE STIMOLA FIDUCIA

di Martina Guaschi Educatrice Professionale


Cos’è la fiducia, da dove nasce e dove conduce sono spesso domande a cui si fatica a dare risposte concrete.

La fiducia è un’attribuzione di potenzialità conforme ai propri desideri, motivata da una vera o presunta affinità elettiva o da uno sperimentato margine di garanzia. Si può aver fiducia in sé stessi, nelle persone, nelle proprie forze; ci sono svariati modi per aver fiducia in quanto essa è un sentimento umano.

La fiducia è da considerarsi uno degli aspetti più importanti in qualsiasi tipo di relazione, favorisce la crescita e il confronto. Il legame con la fiducia non è facile, è un legame lento e continuo che si instaura grazie alle esperienze primarie; come spesso accade parte sempre tutto dalla prima infanzia, da quell’imprinting affettivo che abbiamo, o non, ricevuto durante i primi anni di vita.

Dare fiducia al prossimo è uno degli aspetti più difficili dell’essere umano, quando un genitore prende la decisione di lasciare il proprio bambino alle cure di qualcun altro deve avere tempo e modo di potersi fidare di quella persona, di quella struttura o istituzione ed è compito dell’altro far si che questo accada.

Affidare ha a che fare con la fiducia, con quel sentimento profondo e poco controllabile della razionalità, bisognoso di tempo per consolidarsi.

È comprensibile che il raggiungimento di un rapporto di fiducia non sia immediato e poco faticoso ma è grazie al suo raggiungimento che il bambino avrà modo di fidarsi totalmente dell’adulto di riferimento che avrà di fronte.

Ciò a cui tendere è quindi la creazione di legami di fiducia stabili e sicuri, che permettano al bambino di non dubitare, sapere di poter contare sulle persone che si occupano di lui e che vogliono il suo bene, che raggiunga le autonomie tramite l’apprendimento nel rispetto dei ruoli; non pensando che egli sia un contenitore vuoto in cui riversare informazioni, ma la contrario, che sia una persona con capacità e abilità da affinare. È attraverso la fiducia reciproca che il bambino saprà di riuscire a superare i suoi limiti e le sue difficoltà, se pur nell’errore, ma potendo contare sull’adulto di riferimento che ha fiducia nelle sue capacità.

Il bambino dove si sente maggiormente accolto e protetto se non nella sua casa e tra le braccia dei suoi genitori? La famiglia, come istituzione culturale, è soggetta alle sue trasformazioni ma le sua funzione educativa non viene mai meno.

La coppia madre e padre per favorire un buon inserimento del proprio bambino in ambito familiare, dovrebbe far riferimento alla pedagogia familiare, una pedagogia rinnovata che mira alle realtà domestiche concrete, disposta ad accompagnare la famiglia nel compito di formare persone.

Famiglia, familiarità e legami domestici sono essenzialmente tempo: tempo disponibile, tempo per sé con l’altro, tempo per stare vicini, tempo per sentirsi e vedersi, tempo per abitare il presente, tempo per costruire, tempo per volersi bene e per volerne all’altro, tempo libero e tempo dello svago. Il bambino ben inserito e ben accolto in famiglia saprà accettare e far tesoro di tutto questo tempo.

Una famiglia capace di rendere buono l'inserimento nel contesto per il proprio figlio è quella che dà priorità a tutte le relazioni, in primis la coppia genitoriale deve continuare a ritagliarsi tempo e spazi per sé, per condividere gioie e dolori, traguardi e ostacoli da superare insieme.

Spesso accade che con la nascita del figlio il genitore si occupi molto, a volte troppo, del bambino tralasciando il rapporto con il partner e a volte trascurando anche sé stesso. Se la singola persona all'interno della famiglia è appagata, se il rapporto di coppia funziona, i bambini sono sereni, possono giocare e dedicarsi alle loro attività senza stress e preoccuparsi solamente di essere bambini.

La coppia coniugale non deve usare figli e ricorrere a loro per la propria felicità, li deve amare pulitamente senza volerli trattenere, incoraggiandoli pur facendoli sperimentare, accogliendo le scelte; magari non tutte appoggiate promosse; ma non ostacolate.

È la persona intera con il suo esserci, le sue scelte di cuore, di pelle e di ragione a essere testimone autentica del valore della famiglia; intreccio di più o meno composite relazioni educative familiari.

La casa è il contenitore familiare, la terra materna e il cielo paterno, la sacralità del valore condiviso e la finitudine delle relazioni incarnate. Sentirsi a casa significa abitare l’abituale, allietarsi di cose che ci corrispondono, che abbiamo interiorizzato e reso parte di noi. Alloggiare in una casa e edificare un mondo in cui appartenersi, è dar vita ad un ambiente in cui poter risiedere, accogliere, dare asilo.

Il voler accogliere al meglio il proprio bambino, il voler per lui un buon inserimento nel contesto familiare, è qualcosa su cui si dovrebbe ragionare ancor prima che egli venga alla luce. Il neonato in primo luogo è un pensiero; il bambino è autenticamente generato quando partorito nelle menti della coppia, il neonato non è il bambino dei sogni, il neonato è una persona.

Il bambino non deve nutrire il timore di essere abbandonato dai propri genitori, deve aver certezza che ci sia sempre qualcuno pronto ad attenderlo, quel qualcuno fuori è la premessa affinché il bambino sia educato al fuori.

Spesso i genitori hanno paura per i figli, lo controllano, li incalzano, verificano e spesso appare un’immagine di età dell’infanzia non lontana da quell’adulta.

I bambini hanno bisogno di vivere la loro fanciullezza senza caricarsi dei problemi e delle paure degli adulti, a volte non si lascia più il tempo ai bambini per crescere, li si vuole maturi ma questo può creare confusione e portare i bambini a perdere i punti di riferimento.

Aiutare i bambini ad essere ben inseriti significa dargli la possibilità di farcela mettendoli nelle condizioni di poter esprimere le loro potenzialità e compensare le competenze non ancora sviluppate.

“I genitori sono la più grande risorsa che i bambini hanno a disposizione, la vera strategia vincente consiste nel sostenere il loro ruolo educativo.”( D. Novara “Non è colpa dei bambini”)

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