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Riflettiamo sulla tematica suicidio Articolo dott.Walter Lamanna



Parlando con la Presidente di Osservatorio Salute e Sicurezza di tanti temi e dei futuri sviluppi che avrà l’Associazione, ricordavamo che a Settembre parteciperemo come ogni anno facciamo, al convegno sulla tematica suicidio organizzato da SPS (convegno internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica), anche in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio (10 settembre). Per prepararci e dare a voi alcuni dati, vi invito con il presente articolo, a riflettere sul tema del suicidio con molta attenzione. Faremo come pianificato delle dirette e dei webinar sull’argomento, ma oggi voglio cercare di dare un piccolo contributo non solo come professionista di argomenti genitoriali e di coppia e di gestione delle risorse umane, ma anche attraverso la mia esperienza di revisione cinematografia essendo membro di una delle commissioni del Ministero della Cultura Direzione Generale Cinema, dandoVi dei suggerimenti su films da vedere su questa tematica. Il debutto del regista Pollack sul grande schermo dopo alcune regie televisive, fu con “la vita corre sul filo”. Il film fu ispirato da un articolo di Shana Alexander pubblicato il 29 maggio 1964 dalla rivista LIFE nel quale la giornalista descrisse la lunga conversazione tra un volontario di un centro di soccorso telefonico e un'aspirante suicida.


Un film del lontano 1965 che racconta di uno studente universitario di psicologia e volontario presso la Crisis Clinic di Seattle, centro d'emergenza per persone travolte dalle difficoltà della vita, che non hanno più la forza di andare avanti da sole. Un giorno riceve la telefonata di una donna che ha appena ingerito un tubetto di sonniferi e che ha bisogno di parlare con qualcuno. Alan lo studente tenta invano di farsi dire da Inga la donna al telefono dove si trovi e attraverso una serie di flashback la donna gli raccontai motivi del suo gesto, la crisi matrimoniale dopo che suo marito Mark ha scoperto che il loro figlio è il prodotto di una relazione extraconiugale, un precedente tentativo di suicidio, le speranze ogni volta risorte e l'ultima, irrimediabile decisione. La polizia tenta di rintracciare la chiamata mentre Alan continua a parlare con Inga, cercando di tenere teso il sottile filo della speranza. Sono partito da questo film in onore a Pollack essendo il suo primo film, ma potrei parlarvi di altri innumerevoli films sul suicidio tipo “La vita è meravigliosa (It's a WonderfulLife) del 1946diretto da Frank Capra o “Christine” un film del 2016diretto da Antonio Campos dove viene raccontata la storia vera della giornalista televisiva Christine Chubbuck o solo per citarne un altro da poco uscito“Close” un film del 2022diretto da Lukas Dhont che ci ricorda (ne abbiamo bisogno sempre di ricordarlo) che i condizionamenti sociali a tutti i livelli, costituiscono purtroppo ancora un ostacolo difficile da sormontare. Ostacoli che poi si rilevano per alcuni, giovani e meno giovani insormontabili. Ma inquadriamo il fenomeno suicidio con dei dati a mia disposizione:



Vediamo in sintesi quali sono i comportamenti associati al suicidio e, cosa includono:


§ Suicidio completato: quando il soggetto ha effettivamente intenzione di morire e riesce a portare a termine il suo piano. § Tentativi di suicidio: comportamenti auto-inflitti potenzialmente dannosi che però non conducono ad un esito letale, sebbene l’intenzione del soggetto sia quella di morire. § Autolesione: atto deliberato auto-inflitto potenzialmente dannoso a prescindere dal motivo per cui viene messo in atto. Dai resoconti dei tentativi o dei suicidi compiuti, si evince come siano principalmente tre le classi di disturbi psichiatrici a presentarsi, e cioè: disturbi dell’umore, disturbi da abuso di sostanze e disturbi della condotta. In testa alla classifica troviamo la depressione, sia monopolare che bipolare, la perdita di speranza nei confronti di se stessi, del mondo e del futuro e la presenza costante di un sentimento di disperazione. La cosa che mi ha sempre impressionato, ma capisco il motivo, è che sembra che la maggior parte dei suicidi siano dettati dall’impulsività. Altra domanda che ci si pone è con quali strumenti o con quali azioni la persona decide il suicidio. Nel nostro Paese, l’impiccagione è il mezzo più frequentemente usato dagli uomini per togliersi la vita: la metà dei suicidi è stata attuata con questa modalità. L’uso di armi da fuoco (16% del totale) e la precipitazione da luoghi elevati (15%) hanno rappresentato le altre due modalità più frequenti tra i suicidi maschili. Anche tra le donne l’impiccagione è uno dei metodi più frequenti (31%) insieme alla precipitazione (34%); l’annegamento (9%) e l’avvelenamento da farmaci (7%) sono, invece, meno frequenti. I fattori che influenzano la scelta del metodo usato per suicidarsi, possono essere: 1. La disponibilità e l’accessibilità al mezzo 2. La consuetudine d’uso 3. La dimestichezza 4. Il condizionamento sociale e comportamentale (modeling) 5. La rilevanza (ovvero la facilità con cui il soggetto pensa al mezzo in questione, determinata, ad esempio, dalla pubblicità) 6. Il significato simbolico e personale dell’azione o dell’ambientazione 7. L’intenzionalità e la possibilità di soccorso (se l’intenzione è elevata, i metodi scelti saranno quelli più letali, più difficili da impedire) Ma quali sono in sintesi i mezzi per la prevenzione?


Come abbiamo già detto, sono tre i fattori predisponenti al suicidio :la non appartenenza, la convinzione di essere un peso per gli altri e lo scarso timore del dolore e della morte. E ’bene ricordare l’importanza dell’ambiente sociale nel determinare il suicidio di un soggetto e quindi, a fianco degli interventi terapeutici appropriati è necessario agire sull’ambiente.

Alcuni esempi potrebbero essere: il potenziamento della rete sociale per migliorare il senso di appartenenza e fare interventi familiari tesi a migliorare i rapporti tra i parenti.

Altro spunto di riflessione che mi sento di dare in base anche a quanto emerge con colleghi di Osservatorio Salute e Sicurezza è condividere una modalità di lavoro. Quando ci si presenta un caso, la cosa importante è accogliere la persona sostenendola ed incoraggiandola. “ Ci fa piacere che tu abbia deciso di parlare con noi della tua difficoltà e del tema della disperazione…”. Molte volte invece si sentono dire queste frasi dagli amici o dai genitori: “ma stai scherzando? Non fare lo stupido..”, sei un militare e non devi mollare (quasi a ricordare che non sono persone)”, non puoi fare sul serio hai delle responsabilità”…

In conclusione ,cosa emerge e cosa possiamo fare per la persona?

Affidarsi a dei professionisti, essere empatici e comprensivi. Non far sentire la persona sola, indifesa, senza aiuto e senza speranza.



Dott. Walter Lamanna

Consulente senior, Esperto in Comunicazione e Organizzazioni Sociali

Responsabile Relazioni Esterne Lavoro e Scuola di Osservatorio Salute e Sicurezza

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